martedì 13 marzo 2018

RECENSIONE | "Jamaica Inn" di Daphne Du Maurier

Lettori, cari lettori. Oggi è una di quelle giornate in cui sono molto fiera di essere una lettrice: non per un assurdo complesso di superiorità rispetto a chi ama altra attività, ma per il semplice fatto che se non apprezzassi la lettura non mi sarei mai imbattuta in un titolo così incredibile. Come avrete intuito dal titolo, sto parlando di Jamaica Inn, dell'autrice inglese Daphne Du Maurier, che ho letto per la #femmemarchfest, una redathon indetta da @theliquidsunset.

Jamaica Inn
di Daphne Du Maurier
Ed: Beat - 279 pagine
Ebook7.99 euro - Brossura: 13.90 euro

All'inizio dell'Ottocento, Mary Yellan, giovane orfana di belle speranze e di avvenente aspetto, giunge al Jamaica Inn, una locanda tra i picchi e le scogliere della Cornovaglia, terra, all'alba del nuovo secolo, di pietre e ginestre rachitiche, di pirati e predoni. Dopo la morte della madre, l'unica parente rimasta alla ragazza è la zia Patience, proprietaria della locanda insieme col marito Joss Merlyn. Nel viaggio attraverso la brughiera selvaggia della Cornovaglia, Mary ha immaginato il Jamaica Inn come un accogliente rifugio, una dimora degna di quella zia che, da bambina, le appariva leggiadra come una fata con le sue cuffie ornate di nastri e le sue gonne di seta. Il suo sgomento è grande, dunque, quando scopre che la taverna è un covo di vagabondi, bracconieri, furfanti e ladri della peggior specie, e che della zia Patience, giovane donna vanitosa e piena di vita, non è rimasto nulla. Al suo posto c'è una povera creatura sfiorita, terrorizzata da un uomo gigantesco e brutale: suo marito, Joss Merlyn. Mary Yellan scapperebbe subito da quell'edificio buio e malmesso, dove nessun avventore oserebbe mai mettere piede, se non fosse per lei un punto d'onore difendere la zia dalle angherie di Joss, e se la sfida con quell'uomo violento, sorta forse dalla segreta, inconfessabile affinità sempre esistente tra caratteri forti, non la solleticasse. Quella taverna è soltanto il porto di traffici illegali tra la costa e il Devon o è qualcosa di peggio?
Meraviglioso!

Il fatto di scrivere questa recensione a così breve distanza dalla fine della lettura (è passata meno di un'ora), se di norma non mi permette di essere lucida, in questo caso mi consente di ricordare ogni passaggio e ogni parola con precisione e di riflettere a mente ancora calda ed "emozionata" sul testo.

Jamaica Inn è un libro che si presterebbe volentieri all'essere tacciato come una favola: in effetti lo è. Abbiamo ogni elemento necessario: una protagonista indomita e coraggiosa, orfana dei genitori come in ogni fiaba che si rispetti; un antagonista così scaltro che solo alla fine si rivela come tale e il suo fidato tirapiedi, così esplicito nella sua malvagità da distogliere l'attenzione dal male vero; un rubacuori eroico, ma scanzonato (una specie di Flynn Rider, tanto per intenderci). Tutto ciò sullo sfondo di una Cornovaglia che è rifugio e pericolo insieme. Sono proprio questi elementi favolistici a rendere Jamaica Inn una vera perla, perché se da una parte il plot si rivela semplicissimo, dall'altro viene dato a questa trama una profondità degna di romanzi ben più acclamati.

I personaggi sono molto profondi. Al di là della protagonista, Mary Yellan, che paradossalmente è quella che affronta uno sviluppo caratteriale minore, gli altri personaggi si rivelano molto più che semplici tipi letterari. Lo zio Joss, l'aguzzino di turno, non è solo un criminale: è un uomo che si dissolve nel bere, che ha paura delle ombre della notte e che prova un rimorso che nemmeno lui è in grado di spiegarsi; viceversa la zia Patience, che in presenza del marito diventa un cagnolino fedele in costante cerca di approvazione, quando Joss si allontana si trasforma, diventando più serena e rivelandosi come il perfetto ritratto di una vittima di violenza domestica. La stessa caratterizzazione di Mary, che è una donna del suo tempo (siamo all'inizio dell'Ottocento) e che come tale subisce le limitazioni del suo genere, è invece una bellissima descrizione delle lotte per la parità: Mary sa bene che tutti la considerano "solo" una donna e anche lei cade in questo errore, ma non dimentica mai quanto il suo spirito sia forte e anzi in più di un'occasione decreta con molta sicurezza che in futuro lavorerà in una fattoria tutta sua, che avrà comprato con i propri soldi, e che il lavoro pesante e "da uomo" non la spaventa affatto. Tenendo conto che si tratta di un testo dato alle stampe nel 1935, siamo davanti a tematiche estremamente moderne e attuali.

Lo stile è qualcosa che personalmente ho apprezzato molto: accattivante, mi ha tenuta incollata alle pagine dall'inizio alla fine senza quasi poter smettere. La Cornovaglia, con i suoi paesaggi estremi, sembra balzare fuori dalla carta e, se a tratti le descrizioni risultano quasi oniriche per via delle similitudini utilizzate e delle sensazioni di Mary, diventa sempre più vivida man mano che la lettura prosegue. La brughiera, un paesaggio molto distante da ciò che vedo ogni giorno qui in Italia, diventa quasi familiare ed è un tuffo piacevole quello che si fa tra l'erba, l'aria salmastra e le rocce che la caratterizzano.

Infine, e questo è un piccolo excursus molto personale, quindi non prendetelo come oro colato, è sempre piacevole immergersi in una Gran Bretagna d'altri tempi. Amo molto l'ambiente anglosassone e ritornarci, sia pure solo nella mia mente, è un viaggio piacevole e meraviglioso. Qui siamo ben lontani dalla fumosa e cosmopolita Londra dickensiana e ancora più distanti dalle Cotswold di Agatha Raisin, il che mi ha dato la possibilità di scoprire una zona che in effetti è sempre rimasta ai margini del Regno Unito letterario che sono abituata ad esplorare.

Punteggio massimo. Vorrei poter dare di più, Jamaica Inn è un libro che mi è entrato dentro. Si tratta del mio primo approccio alla Du Maurier e non vedo l'ora di ripetere l'esperienza!

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